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AVVISO
IMPORTANTE
JOE
ZAWINUL - IL "PADRE" DELLA FUSION Joe
Zawinul è stato definito l’unico europeo che sia stato in
grado di cambiare la storia del jazz. Nato a
Kirkbach, in Austria, il 7 luglio 1932, inizia giovanissimo a
suonare la fisarmonica, manifestando immediatamente il suo
interesse per la ricerca musicale e modificando il suono dello
strumento utilizzando un pezzo di stoffa preso da un vecchio
tavolo da biliardo. Dopo
aver studiato al Conservatorio di Vienna nei primmi anni ’50,
inizia ad esibirsi come pianista insieme a musicisti jazz
locali quali Hans Koller, già famoso per le sue precedenti
collaborazioni con Dizzy Gillespie, Lee Konitz e Stan Kenton. Nel
1959 decide di trasferirsi negli USA e sbarca a New York.
“Quando arrivai lì” – ricorda Zawinul, intervistato dalla TV
tedesca WDR, “fui ospite alla Berklee School per alcune
settimane, avevo vinto una borsa di studio con il giornale
Downbeat […]. Ella Fitzgerald stava lavorando al “Domizil” a
Boston, e all’epoca stavano costituendo una band che suonasse
prima dell’attrazione principale. Il mio insegnante di
pianoforte, Ray Santisi, un bravo pianista, mi mandò lì.
Cercavano un pianista perché il loro era malato. Allora mi
ascoltarono suonare, e presi il lavoro. Il batterista era Jake
Hanna […]; dopo la prima parte dello show chiamò Maynard
Ferguson e gli disse: ‘Senti, c’è qualcuno che dovresti sentir
suonare’. Il pianista di Ferguson doveva lasciare la band per
svolgere il suo servizio militare. Il giorno dopo andai a New
York in treno per l’audizione all’Apollo Theatre, e ottenni il
posto”. Negli
Stati Uniti, dove frequenta principalmente la comunità di
colore, in tempi di segregazione razziale, Zawinul viene
accolto favorevolmente dall’ambiente ed inizia una serie di
collaborazioni importanti. Oltre a Ferguson, una delle più
rilevanti è quella con Dinah Washington, all’epoca una delle
vocalist più ricercate in assoluto. “Una sera, vivevo nella
casa di Slide Hampton a Brooklyn ed era una serata molto
calda, mi venne in mente di andare al Birdland, molto strano;
feci una doccia rapida e andai. Nel momento in cui aprii la
porta del Birdland, Dinah Washington era dall’altro lato della
porta, mi guardò e disse: ‘Sei tu quello che ha suonato ad
Atlanta?’. Dissi di sì, e fui invitato al Village Vanguard il
giorno successivo, dove lei aveva un ingaggio per una
settimana. Arrivai lì con il cantante bebop Babs Gonzales, e
dopo il primo pezzo Dinah mi chiamò sul palco e mi ingaggiò.
Da quel momento suonai con lei per due anni”. Si
tratta di tempi “eroici”, suonare jazz poteva anche essere
pericoloso, specie per un bianco che suonava continuamente in
locali per soli neri. “Non vivevo mai a contatto con i
bianchi, – racconta Joe – ero sempre insieme ai neri, dovevo e
volevo farlo. Effettivamente non mi piacevano i bianchi, non
avevo molto da spartire con loro visto che ero l’unico bianco
in una band di colore. Ho sempre vissuto nei quartieri neri
con famiglie nere, mi hanno trattato come un principe, è stato
un periodo formidabile per me. Una volta abbiamo suonato in
una cittadina del Texas, nessuna strada asfaltata, un po’ come
il mio villaggio di origine. […] Il proprietario del club era
nero, non avevano la licenza per vendere liquori quindi il
pubblico pagava un extra per gli accessori (bicchieri,
ghiaccio, soda ecc.) mentre i liquori se li portava da casa
(ecco come andavano le cose). Volevo entrare sul palcoscenico
quando una donna bianca molto grassa con una pistola sul
fianco mi dice: ‘Dove vai amico?’ […] risposi: ‘vado lassù e
suono’, ma lei dice: ‘no, non qui’. Devi immaginare la scena,
il locale pieno di gente di colore, sei o settecento persone
che aspettavano lo show. Allora sono andato nel camerino e ho
detto a Dinah cos’era successo, le lei disse: ‘lui non suona,
io non canto’. Il proprietario venne giù a pregarci di
suonare: ‘Vi prego, distruggeranno il mio club, mi bruceranno
la casa!’ Ma Dinah aveva deciso di non cantare così scappammo
dalla finestra, e mentre entravamo in macchina ci accorgemmo
che già c’erano dei disordini. Distrussero completamente il
locale”. A
partire dal 1961, per quasi nove anni, Zawinul entra a far
parte della band del sassofonista Julian “Cannoball” Adderley;
All'inizio degli anni Sessanta Adderley è uno dei più illustri
portavoce di un nuovo genere , più tardi denominato "soul
Jazz", che combina la complessità del bebop con il ritmo della
musica afroamericana. Si tratta un periodo di grande
prolificità artistica e innovazione; Zawinul contribuisce in
modo massiccio al successo del gruppo, al quale appartengono
anche il bassista Sam Jones, il batterista Louis Hayes ed il
flautista Yusef Lateef, oltre che al fratello minore di
Adderley, Nat. Alcune sue composizioni, prima di tutte la
celeberrima “Mercy, Mercy, Mercy”, ottengono grande successo e
notorietà. Il periodo trascorso come sideman nella band di
Cannoball risulterà fondamentale per la formazione della sua
personalità musicale; oltre a questo tra i due nasce una
sincera amicizia. Il rapporto di Zawinul con la comunità nera
in quegli anni è importantissimo per la comprensione della sua
musica degli anni a venire.
“Suonammo con Cannoball a Baltimora, nel Nord, nel 1961,
probabilmente in ottobre, era un club di striptease. Durante
il concerto mi accorsi che non c’erano neri seduti tra il
pubblico, ma c’era molta gente di colore all’esterno che
aspettava in piedi. Durante il break, uscii fuori ed ero molto
imbarazzato di questo. Andai da Cannon e gli dissi: ‘senti,
non m’interessa se mi caccerai fuori o cosa, ma non voglio
continuare a suonare qui’. […] Nel frattempo il pubblico
iniziava a innervosirsi, il proprietario del locale ci chiese
cosa stesse succedendo, e gli dissi: ‘continuiamo a suonare
solo se lasci entrare la gente di colore’. Alla fine cedette e
disse: ‘va bene, avremo dei problemi stasera, ma aprirò’. In
qualche modo fu un trionfo che una cosa del genere accadesse
in quel posto. I neri entrarono, vestiti elegantemente, il
locale era pieno, suonammo ottima musica, e il pubblico fu
beneducato’. Alla
fine degli anni Sessanta Joe Zawinul, ormai uno dei più famosi
pianisti del panorama jazzistico mondiale, avvia un rapporto
di collaborazione con Miles Davis. All’epoca il trombettista è
totalmente dedicato alla costruzione di un nuovo genere,
capace di combinare e fondere armonicamente stili diversi
quali il jazz, naturalmente, ma anche il soul, il blues ed il
rock. Sono gli albori della nuova era della “Fusion”,
della quale Zawinul costituisce uno dei veri fondatori. Pietre
miliari di questa nuova epoca musicale sono gli album
registrati da Davis in questi anni, quali “Bitches Brew”
e “In A Silent Way”, non a caso entrambi gli album
traggono i loro titoli da composizioni di Zawinul. In
particolare la seconda costituisce senz’altro uno dei suoi
capolavori ed una chiara manifestazione della sua grande
originalità compositiva; egli stesso sembra prendere atto
della raggiunta maturità e decide di incidere il pezzo con
Davis piuttosto che con Cannonball. “ Nel dicembre del 1968
tornai per la prima volta a Vienna, con i miei tre bambini,
che lasciai dai miei genitori, mentre io e mia moglie dormimmo
in albergo. Nevicava e la sensazione di essere ritornato a
casa, m'ispirò il brano che scrissi di getto, in due minuti,
In A Silent Way, senza il pianoforte, né la carta da musica.
Avevo in testa il suono che questo brano doveva avere, un
suono immaginario”.
L’arrangiamento imposto da Davis alla sua composizione non
soddisfa tuttavia pienamente Zawinul, che ritiene sia giunto
ormai il tempo di “mettersi in proprio”. Il carattere dei due
musicisti, inoltre, entrambi dotati di forte personalità e
propensi alla leadership, non è favorevole allo stabilirsi di
un duraturo rapporto musicale. Nel
1970 così Zawinul pubblica il suo primo (e omonimo) album
solista, nel quale ripropone il brano con un diverso
arrangiamento. Un altro dei pezzi inclusi nel disco, “Doctor
Honoris Causa”, è dedicato a Herbie Hancock che partecipa alle
registrazioni suonando un secondo piano elettrico. In uno
solo dei pezzi appare il sassofonista Wayne Shorter. Reduce da
una settennale collaborazione proprio con il quintetto di
Miles Davis, una formazione storica per la storia del jazz,
con la quale si è messo in grande evidenza per le sue abilità
di compositore e arrangiatore, Shorter entra in particolare
sintonia con Zawinul, tanto che i due decidono di fondare una
propria band.
Ricorda Zawinul: “C’era un giovane bassista di Praga, Miroslav
Vitous, e formammo rapidamente una band. Iniziammo a suonare
un po’, io andai immediatamente da Clive Davis (responsabile
della CBS, ndr) e subito ottenni un ottimo contratto. […]
Cercavamo di trovare un nome per la band, ed un pomeriggio –
sedevamo nella mia music room a New York, Wayne e Miroslav
erano lì – dissi: ‘Sentite, dobbiamo avere un nome che la
gente ascolta ogni giorno, tipo Daily News’, però non suonava
bene. Allora Wayne disse: ‘Weather Report’, e quello fu il
nome”. Quello
che i Weather Report hanno rappresentato per la musica moderna
è difficile dirlo, sicuramente, quando si parla di jazzrock o
di Fusion, è questo il gruppo che viene in mente, quasi come
un riflesso condizionato. Osannati dalla critica e un po’
“snobbati” dal grande pubblico nei primi anni di attività,
hanno successivamente conosciuto un successo di massa e
proprio allora sono stati abbandonati da parte della critica
“purista”. Fatto sta che ancora oggi, ascoltandoli, si ha
l’impressione che nessuno sia riuscito ad avvicinarsi ai loro
livelli. Autori di ben 16 album (se contiamo anche il
doppio“Live in Tokyo” inizialmente pubblicato solo in
Giappone) in altrettanti anni di attività, i Weather Report
hanno esplorato davvero ogni angolo della musica, hanno
rifiutato di sottomettersi ad uno stile unico e ripetitivo,
hanno realizzato una “musica totale” aperta ad ogni influenza
e ad ogni suono. I
primi album sono quelli più legati allo stile dell’era
“davisiana” (Weather Report del 1971, I Sing The
Body Electric del 1972, Sweetnigher del 1973, nel
quale però già si avvertono i primi segni del cambiamento). In
questo momento la musica del gruppo è ampiamente improvvisata,
anche se sconvolge i canoni tradizionali del jazz fondati sul
modello del “tema-assoli-tema”. Il motto del gruppo è
giustamente “noi siamo sempre in assolo e mai in assolo”: ogni
elemento impegnato senza soluzione di continuità su una base
ritmica ed armonica definita. Il
successivo Mysterious Traveller costituisce un netto
cambiamento di stile e porta la band a livelli di maggiore
attenzione da parte del pubblico. Con l’ingresso del basso
elettrico di Alphonso Johnson, si passa ad uno stile in cui
l’influenza del rock e di sonorità esotiche diventa più
sensibile, e la ritmica più serrata ed avvolgente. Il
successivo Tale Spinnin’ (1975), che contiene alcune delle
migliori composizioni, segna un apparente riallacciamento alle
tematiche precedentemente sviluppate. Poi arriva l’incisione
del primo “superalbum” della band, Black Market (1976),
che per di più vede l’ingresso nella formazione di Jaco
Pastorius, bassista dallo stile personalissimo e dalla tecnica
rivoluzionaria, non a torto considerato il migliore di tutti i
tempi, un personaggio dal quale nessun altro bassista ha in
seguito potuto prescindere. Il primo incontro tra i due era
avvenuto nell’estate del 1975 durante le prove di un concerto
a Miami: “improvvisamente arrivò questo ragazzo dall'aspetto
strano, che camminava un po' curvo, - ricorda in proposito
Zawinul - totalmente strano, e mi disse: "Signor Zawinul, amo
veramente la sua musica, mio padre era un grande ammiratore di
Cannonball, ed io sono un grande ammiratore di Cannonball". Ma
io non ero proprio dell'umore adatto. Gli risposi: "Davvero?
Cos'altro?". "Oh, sì, tra parentesi, il mio nome è John
Francis Pastorius III, e sono il più grande bassista del
mondo". E non vorrei dirlo, ma gli dissi: "Và a farti fottere
da qualche altra parte!". Sai, ero veramente arrabbiato, e non
volevo ascoltare un qualsiasi idiota che venisse da me a dirmi
cose del genere! Solitamente, quando dico una cosa simile a
qualcuno, lui semplicemente se ne va, ma lui se ne stette lì e
mi veniva da ridere perché mi guardava con quegli occhi così
afflitti, sai. E la giornalista che era con me insisteva e mi
disse: "Senti, lui è un po' stravagante ma è un genio come
bassista". Allora gli dissi: "Senti, vieni in hotel domani e
parleremo. Porta un nastro o qualcosa di simile". Da
questo momento inizia un periodo, oltre che di immensa
creatività, anche di fama e prestigio: l’album Heavy
Weather (1977), nel quale compare tra gli altri il
famossissimo brano “Birdland”, viene votato come miglior disco
dell’anno negli USA e, pur contenendo solo pezzi strumentali,
vende ben 400.000 copie nel solo primo anno di pubblicazione.
Il doppio LP dal vivo 8:30 vince il prestigioso Grammy
Award come miglior disco del 1979.
Night Passage Poi
arrivano invece i contatti con il batterista Omar Hakim,
considerato da Zawinul “un vero genio”, e di seguito con il
giovanissimo bassista Victor Bailey, diciannovenne all’epoca,
ed i due membri “storici” dei WR, Zawinul appunto e Shorter,
decidono di proseguire. Ed è
una fortuna, perché la band ritrova momenti di grande
espressività e creatività, riuscendo ancora una volta a
regalare incisioni di grande spessore quali Procession
(1983), Domino Theory (1984) e Sportin’ Life
(1985), che è l’ultimo vero album dei Weather Report, intesi
come sodalizio tra Joe Zawinul e Wayne Shorter. Nel successivo
This Is This, uscito nel 1986, Zawinul, che ha sempre
costituito l’anima più profonda del gruppo, ha già deciso di
accentuare nella sua musica le influenze esotiche ed africane,
ed ha introdotto un nuovo strumento, la chitarra elettrica,
suonata nell’occasione da Carlos Santana, che di fatto
emargina quasi completamente il sassofono di Shorter. E’
dunque finita l’epoca dei Weather Report. Vale la pena
ricordare che fino a quel momento il gruppo è stato votato dal
prestigioso staff di Downbeat come migliore band per 15 anni
consecutivi, mentre Zawinul ha vinto il premio come miglior
tastierista per 21 volte negli ultimi 23 anni. E’
stato detto che Joe Zawinul abbia sistematicamente compiuto
degli errori a livello di strategia commerciale nei momenti
più importanti della sua carriera. Forse l’affermazione è un
po’ esagerata, tuttavia contiene degli elementi di verità, e
di certo dimostra la preponderanza dell’interesse del
musicista per la ricerca e l’innovazione piuttosto che
l’attenzione ai gusti del pubblico. Qualcosa di simile si era
verificata già con i Weather Report, quando, nel 1978, subito
dopo il successo clamoroso di Heavy Weather, era stato
pubblicato un album difficile, sperimentale, dominato dai
sintetizzatori come Mr. Gone. Così l’inizio del dopo-WR
è segnato da iniziative “controcorrente”. Dapprima l’album
Dialects (1985), troppo incentrato sui timbri digitali per
incontrare il consenso del pubblico, che pur si aspettava
molto dal primo lavoro solista di Joe Zawinul dal 1970.
Successivamente la formazione dei Weather Update, nella quale
appaiono “vecchi” componenti dei WR come Peter Erskine, Robert
Thomas Jr. e Victor Bailey, affiancati dal chitarrista Steve
Khan, che si dimostra per varie ragioni ben lontana dal
raggiungere le performances della precedente band e che si
esaurisce rapidamente dopo poco più di un anno di attività. Joe
Zawinul saprà continuare a produrre una musica di grande
valore, saprà innestarsi nuovamente nel suo abituale ruolo di
innovatore, soltanto sottoponendo a profonda revisione i
propri canoni espressivi. Nella sua musica saranno sempre più
presenti influenze esotiche, la sua ispirazione sarà sempre
più tratta da una molteplicità di linguaggi musicali abilmente
dissezionati e riassemblati in un mix assolutamente coerente. La
“svolta” diviene più percettibile nel 1988, quando esce il
primo album (intitolato The Immigrants) della sua nuova
(ed attuale) band, i Zawinul Syndicate, inizialmente
caratterizzata dalla presenza del chitarrista Scott Henderson
e di un altro bassista fenomenale, lo statunitense Gerald
Veasley, virtuoso del basso a sei corde e dotato di
grandissime doti ritmiche ed armoniche. Dopo
altre due opere importanti create durante la collaborazione
con Veasley, Black Water (1989) e Lost Tribes
(1992), Zawinul si dedica principalmente a frequentissimi
concerti dal vivo, nonostante la sua età non più giovanissima,
non disdegnando alcune collaborazioni in materia di musica
classica con il pianista viennese Friedrich Gulda. Nel 1996
pubblica ben due dischi, uno con i Syndicate (My People,
che riceve una nomination al Grammy come miglior album World
Music), l’altro è addirittura una sinfonia, la prima sinfonia
della World Music forse, scritta interamente da Zawinul e
suonata da un’orchestra sinfonica, Stories Of The Danube.
Potrebbe sembrare il coronamento di una carriera incredibile,
l’ora della pensione, insomma… e invece inizia per Zawinul un
momento di intensissima attività dal vivo, con 80-90 concerti
l’anno, assieme ai Zawinul Syndicate che, tra il 1996 e il
1999, sfoggiano musicisti di grandissimo rilievo
internazionale, quali i batteristi Paco Sery e Kharim Ziad, i
bassisti Victor Bailey (ex-Weather) e Richard Bona, i
chitarristi Gary Poulson e Amit Chatterjee, il percussionista
Manolo Badrena, anche lui nei Weather dal 1976 al 1978. A
sugello di questa incredibile stagione di musica, i Syndicate
realizzano un doppio album dal vivo, World Tour, nel
1998, nel quale è possibile cogliere l’energia di una musica
totalmente suonata, ed a livelli decisamente alti.
Attualmente Joe Zawinul, 68 anni, continua senza sosta la sua
attività musicale, sempre con risultati assolutamente
rilevanti. Nel 1999 ha composto un album, a scopo benefico,
dedicato al campo di concentramento austriaco di Mauthausen.
Nel corso del 2000 ha continuato il suo tour con i Syndicate,
rinnovati dalla presenza del nuovo batterista, l’americano
Nathaniel Townsley, esibendosi, oltre che negli USA, in
America Latina, Europa ed Australia. Parallelamente è stato
pubblicato un video, “Two Years with the Zawinul Syndicate” (AZ-IZ
Music Productions) che documenta i tour mondiali del gruppo
degli anni 1997-98, davanti e dietro le quinte.
Nell’agosto dello stesso anno ha presentato una variante ai
Syndicate, un nuovo gruppo denominato “Zawinul Special
Project”, con la partecipazione della vocalist Maria Joao e
del virtuoso della fisarmonica Lelo Nika. E’ stato inoltre
protagonista della manifestazione “La Notte della Taranta” a
Melpignano (LE), nel corso della quale ha diretto un’orchestra
locale ed ha tenuto a registrare alcuni suoni di strumenti a
percussione tradizionali. Per
l’anno in corso è previsto un tour europeo dei Syndicate che
saranno dotati di un nuovo bassista, Etienne M’Bappé, anche
lui appartenente al gruppo di musicisti afro-francesi dal
quale Zawinul ha già in passato più volte attinto (oltre a
Bona ricordiamo il batterista Karim Ziad che lo ha
accompagnato nei tour del 1998 e 1999), oltre alla
pubblicazione di un nuovo album che dovrebbe essere pubblicato
nel prossimo autunno. Da
segnalare, infine, la pubblicazione della prima biografia
autorizzata di Joe Zawinul, scritta dall’esperto musicale
Brian Glasser e pubblicata, per ora soltanto in Inglese, dalla
casa editrice Sanctuary Publishing. Si tratta di un libro ben
fatto e molto interessante, il primo tentativo di ricostruire
in modo sistematicola storia di questo musicista per il quale
la parola “leggendario” non sembra, per una volta,
inappropriata. Marco
Piretti
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